07.04.2015 – Il 29 luglio 2015 ricorrono 125 anni dalla morte di Vincent van Gogh (1853-1890) ed in tutto il mondo si stanno tenendo numerose manifestazioni per ricordare un artista che, come spesso accade, solo dopo la morte è stato riconosciuto come un grande. A Firenze è approdata per l’occasione Van Gogh Alive, una mostra multimediale che permette allo spettatore di immergersi, nel vero senso della parola, nei quadri dell’artista. Una maniera originale e diversa di fruire l’arte grazie alla tecnologia Sensory4.
Si tratta di un sistema che incorpora ben 40 proiettori ad alta definizione, una grafica multicanale e un suono surround come quello delle sala cinematografiche.
Le immagini vengono proiettate su appositi schermi e superfici realizzati ad hoc per lo spazio della mostra. I contenuti di Sensory, dinamici e spettacolari, si fondono con l`ambiente circostante e con una colonna sonora d`eccezione, conducendo lo spettatore verso un`avventura fuori dal comune. A Firenze la location scelta per Van Gogh Alive e una chiesa sconsacrata nei pressi di Ponte Vecchio, Santo Stefano al Ponte, un ambiente suggestivo che ben si sposa con questo viaggio nel mondo del pittore olandese. Quando si varca la soglia della chiesa si viene letteralmente rapiti prima dalla musica, di cui si ascoltano le note già dall’esterno, e poi dalle immagini che circondano completamente lo spettatore all’ingresso della chiesa. Così la storia di Van Gogh scorre veloce sulle pareti e sul pavimento, dove i bambini, ma anche gli adulti, si divertono a sedersi fra i suoi girasoli o fra le sue stelle. La mostra è composta da movimenti ossia i capitoli della storia di Vincent. Ogni movimento è accompagnato dalla musica, per lo più coeva al pittore (Handel, Tiersen, Lalo, Delibes, Viseur, Barber, Schubert, Kusturica, Godard, Part, Chabrier, Nielsen, Sakura, Satie, Zorn, Saint-Saëns, Liszt, Delibes e Godard), che scandisce il procedere delle immagini e le emozioni del pittore espresse anche attraverso frasi tratte dalle “Lettera a Theo” , a cui è dedicato anche tutto un capitolo della storia raccontata nella mostra. Theo era il fratello di Vincent e le lettere furono pubblicate postume dalla moglie Jo che così scrive:
“Dopo la morte di Vincent, Theo mi disse che alcune parti di queste lettere dovevano essere pubblicate, ma la morte lo portò via prima ancora di iniziare questo progetto. Sono passati quasi ventiquattro anni da allora. C’è voluto molto tempo a decifrare ed organizzare le lettere, è stato molto difficile perché le date spesso mancavano. C’è stata anche un’altra ragione che mi ha impedito di pubblicarle prima. Sarebbe stato ingiusto nei confronti di Vincent generare interesse verso di lui prima ancora che il suo lavoro – per il quale diede la vita – venisse riconosciuto ed apprezzato come meritava. Molti anni sono passati prima che venisse apprezzato come artista. Ora la gente può riconoscerlo e capirlo come uomo. Possano le lettere essere lette con riverenza”.
Come scrive Jo, Van Gogh ha dato la vita per la sua arte: ”Metto il cuore e l’anima nel mio lavoro e ho perso letteralmente la mia mente nel farlo” e ancora “Vorrei solo che mi accettassero per quello che sono”. Guardando una mostra tradizionale si può osservare un quadro, o più di uno, ma difficilmente si ha una visione d’insieme della vita di un artista. La novità di questo modo nuovo di fruire l’arte sta nel fatto che la vita di Van Gogh viene mostrata nella sua interezza e nella sua complessità. Si tratta proprio di accettare un invito, quello di Vincent in questo caso, a prendere la sua mano e a farsi trasportare nella sua vita per poterne cogliere ogni essenza e ogni perché. Chi decide di intraprendere questo viaggio guarderà la storia e le opere dell’artista in modo completamente diverso.
Manuela Bellomo