27.03.2025 – Dopo la proiezione del film “Il viaggio della sposa” (1997) e del cortometraggio “La tela” (2025), l’attore, sceneggiatore e regista Sergio Rubini è stato il protagonista dell’Incontro di cinema al Teatro Petruzzelli per il Bif&st 2025. Sempre felice di tornare in Puglia, Rubini è pienamente consapevole della rivoluzione di questa terra sempre più presente in tutti gli ambiti cinematografici.
Un Europa unita sotto la bandiera dell’arte
Il regista sogna l’Europa unita in un’unica tela, sotto la bandiera dell’arte. Ringrazia il governo Nichi Vendola per gli investimenti sul cinema nel passato, perchè oggi se ne raccolgono i frutti, augurandosi che quell’intuizione sia portata avanti ancora, soprattutto per permettere che al centro delle priorità ci sia la crescita dell’essere umano. “La forza del cinema è che non ha confini. Ciò che crea barriere e produce paura è l’ignoranza. La conoscenza unisce, dovremmo puntare sulla cultura: il nostro vero patrimonio” – ha detto. Farebbe fare un corso di recitazione a tutti i politici, perchè solo provando con empatia a immedesimarsi davvero negli altri si può comprendere e capire come cambiare il mondo.
Un film impegna più della serialità televisiva
Rubini crede, inoltre, nell’essenza dialettica del cinema. Secondo Rubini, il film è il veicolo migliore per diffondere un messaggio culturale, a confronto la serialità televisiva è considerata la compagnia di un animale domestico. “Le serie che continuano all’infinito non spingono a riflettere. È nella conclusione di una storia che si manifesta il suo significato, per questo il linguaggio cinematografico va salvato, perché salva noi.”
Il regista racconta del suo rapporto problematico con la parola, ma anche del suo bisogno di parlare, ereditato dalla madre insegnante Tonia de Paola. Parallelamente alla carriera da sceneggiatore inizia un percorso di psicanalisi che paragona alla scrittura: entrambi sono un viaggio interiore, ma anche un atto profondamente intimo in cui autenticamente mettersi a nudo.
Il rapporto con gli attori
Rubini racconta che nei suoi cast non cerca attori ma persone, cita la scena shakespeariana in cui Rosencrantz e Guildenstern pretendono di poter trattare Amleto come uno strumento da suonare. “Un essere umano è molto più complesso di un legno con quattro buchi. Gli attori sono fatti di ossa, dolori, aspirazioni, sono strumenti che non sappiamo suonare. Se pensiamo di trattare gli attori come strumenti senza tenere conto della loro anima, otterremo come risultato delle note stonate”.
Il mestiere dell’attore per Rubini è un mestiere difficile, logorante “l’attore deve ogni giorno imparare a disimparare e tenere viva l’inesperienza, l’attore non guida mai, ma è sempre guidato da uno sconosciuto, non ha mai responsabilità”.
Lucia Chianura