17.12.2013 – Come un felino nella sua gabbia, seduta, integralmente nuda, sullo sgabello, si presenta la solista della pièce teatrale, Silvia Gallerano. E del felino possiede tutta la forza, l’irruenza, l’aggressività per sbranare e che esprime encomiabilmente attraverso la sua maschera vocale, ma che, al tempo stesso, rimane repressa e vittima dello stesso mezzo attraverso cui vorrebbe liberarsi e cioè il suo corpo!
Dall’excursus dell’esame della sua coscienza, ci giunge forte l’urlo di chi si fa infilzare gli elettroditi nelle cosce, di chi deve essere pronta a tutto, sì da oltrepassare la linea gialla e salire sul treno da non perdere. E così le ritorna alla mente che anche suo padre era salito sul treno per lottare e che prima di morire aveva lasciato un inno scritto, quello di Mameli!: e qui il monito sulla diversa precipitosa direzione che han preso i treni attuali rispetto a quello su cui son saliti i “Fratelli d’Italia” emerge, tristemente, a tutto tondo (Silvia, però, ha avuto ancora la forza di credere e pensare ad un riscatto e non a caso simbolicamente la nudità del suo corpo viene avvolta dal tricolore italiano sia pure solo quando saluta il pubblico).
La sempre brava solista poi urla, giustamente, ancora contro il sesso e contro l’ uso del corpo dissociato dalla propria mente, quello che viene vissuto come sacrificio che però paga e che proprio per questo, anche se fa schifo, ti può far abituare.
Ma nell’urlo la Gallerano dice pure: “L’UOMO LIBERO GUARDA AL CIELO”. Come detto dallo stesso autore del testo la scrittura è ispirata allo stream ofconsciouness, mentre la scenografia essenziale e scarna, viene fatta vivere dall’eccellente interpretazione che la protagonista fa dei vari personaggi (l’estetista, il padre, la madre, il diversamente abile che l’ha indotta ad una prestazione sessuale per misericordia!).
Spettacolo eccellente che meritatamente ha vinto prestigiosi premi come il Fringe First Award 2012 ma che porta con sé una riflessione: effettismi di parola e di nudità inutili e in second’ordine rispetto alla scrittura del testo e all’interpretazione sfoggiata: ancora una violenza sul corpo?
Emilia Brescia