23.05.2022- La cantautrice salentina Alessia Tondo, con il suo album Sita, ha recentemente ricevuto il “Premio Loano Giovani” riservato al miglior disco di musicisti under 35, nel contesto delle produzioni di ambito folk.
Il disco ha ottenuto anche un importante terzo posto (dopo Canzoni di Alessandro D’Alessandro e A sud di BellaCiao, artisti vari) nella classifica generale del prestigioso riconoscimento.
Puglia Eccellente ha contattato l’artista per porle alcune domande: partendo dal premio per poi parlare di Sita. Ecco l’intervista.
Cosa vuol dire per te aver vinto questo premio?
“Un riconoscimento del genere è molto importante, soprattutto se arriva dopo il primo album da solista. Il disco è composto da 8 brani inediti, figli del linguaggio della musica popolare che da sempre interpreto”.
“Descrivo un personale rito di guarigione con delle tracce molto minimal in cui vengono raccontate delle esperienze emotive semplicemente umane. Il fatto che l’album sia stato letto come qualcosa da premiare – in più associato alla musica tradizionale italiana – non può che farmi piacere”.
“Un ringraziamento va a coloro che mi sono stati vicini, a tutto lo staff di produzione e diffusione dell’album”.
Sita, nel tuo dialetto di origine, vuol dire melograno, “frutto del buon auspicio”. Sei un’inguaribile ottimista?
“Ho preso in prestito quella che è la concezione di tantissime filosofie antiche. Credo molto nel potere guaritore del buon pensiero. Ho proposto un mio personale racconto del processo di guarigione, delle fasi che accompagnano la persona dall’ombra alla luce”.
“Si. C’è un profondo ottimismo di base in me, oltre alla credenza nella magia della musica e della parole”.
Nell’album emergono riferimenti sul trascorrere del tempo. Qual è il valore che gli attribuisci?
“Per una serie di cause ho vissuto in solitaria il periodo pandemico, ed il tempo – per quanto ci fosse poco da fare – era pieno nel suo vuoto. L’aria era densa, faticosa da respirare. Non ho vissuto la dilatazione del tempo ma la sua condensazione”.
“Ho pensato alle mie aspettative di quel periodo e a quelle delle fasi precedenti. C’è sempre una ricerca affannosa del dover essere produttivi, di dover rispondere a delle aspettative sociali (anche a livello professionale); quindi anche un piccolo successo raggiunto finisce per non bastare mai”.
“Questa sensazione porta angoscia. A me piace il tempo dilatato, trascorso a respirare le persone e i luoghi. Anche a non fare nulla, ma in modo costruttivo”.
“Ecco perché La luce della luna dovrebbe bastare – come detto nel brano Me putia basta’ – ma poi siamo così impegnati, che sembra quasi non servire più”.
Aria è – attualmente – l’unico pezzo accompagnato da un video-clip. Come mai questa decisione ?
“Quando ho fatto tale scelta – insieme al mio editore Domenico Coduto – mi chiedevo se sarebbe stato colto ciò che volevo comunicare con questo brano; perché è una canzone che non ha una struttura standard, non ha ritornello”.
“E’ stata un’azione dovuta nei confronti del disco, e la scaletta non poteva non essere quella perché è un percorso fatto di tappe; non esattamente cronologiche, ma emotive”.
“In mezzo al viaggio c’era Aria, il punto in cui la persona si trova a metà tra vedere l’ombra e andare verso la luce; ovvero una presa di coscienza. Non poteva che essere quello il simbolo dell’album”.
Tra le tracce del disco c’è Filastrocca, un racconto di sole parole. Il senso è che se ti rimbocchi le maniche ce la puoi fare?
“A volte ci sono dei limiti creati da noi stessi, basta riconoscere di avere la forza per essere noi stessi ed andare oltre. Non esiste null’altro che possa opporsi”.
“Comporre Filastrocca è stato un modo dolce di ricordarlo a me, proprio come avviene con i bambini”.
Canti da quando eri giovanissima. Sei diventata l’artista che avresti immaginato?
“Ho iniziato da molto piccola, la strada era lì davanti a me e l’ho percorsa grazie alla mia famiglia che mi ha supportata. Non ho avuto – probabilmente – modo di pensare ad altro”.
“Quello che ricordo è che ho sempre desiderato far parte degli ambienti musicali. Ora non sono arrivata da nessuna parte, ma sono soddisfatta del mio percorso. Sono autorealizzata”.
“Sono certa di essermi goduta ogni tappa, magari con alcune sofferenze, ma sono figlia di ciò che ho vissuto. Non potevo non essere come sono ora”.
Come vedi la ripresa degli eventi musicali dopo la pandemia?
“Questo 2022 si prospetta decisamente diverso, sono partiti i tour di Sita e del Canzoniere Grecanico Salentino, progetto con cui lavoro da 7 anni. Mi auguro che questa non sia una percezione solo mia e di pochi”.
“E’ stata dura per tutti gli operatori del mondo dello spettacolo, ma sono ottimista”.
Non resta, quindi, che augurare un in bocca al lupo ad Alessia.
Cosimo Guarini