17.07.2018 – Parigi, sette aprile 2018. Nell’ambito della programmazione fuori le mura del Théâtre de la Ville, la Nouvelle Salle della MC93 (maison de la culture de seine-Saint-Denis Bobigny) ha ospitato la messa in scena del maestro e pedagogo Anatoli Vassiliev.
Questa volta il geniale regista, che al Piccolo Teatro negli anni 1987-1990 ha entusiasmato il teatro italiano per aver dato nuova vita alle opere pirandelliane Sei personaggi in cerca d’autore e Questa sera si recita a soggetto, ci ha sorpreso, con consueta originalità, con Il racconto di un uomo sconosciuto.
Trattasi di adattamento di una delle più belle novelle dell’altro grande genio della drammaturgia russa Anton Čechov, per la produzione del Teatro Nazionale di Strasburgo in coproduzione con MC93, Teatro Nazionale di Bretagna, Rennes Théâtre de la Ville- Parigi e la collaborazione di Venezia Film Commission per la parte della pièce realizzata con riprese cinematografiche.
E’ trascorso qualche mese, ma come si sa i capolavori vivono in eterno. Qui l’uso del plurale è d’obbligo: con un’unica performance artistica, dal capolavoro che è la novella cecoviana, il regista, ne ha generato un altro: la messa in scena di una drammaturgia, in due atti, con tematiche di grande attualità, per una durata complessiva di circa 4 ore. Il testo letterario costituito da dialoghi e da un monologo per soli tre personaggi è stato tradotto in francese dall’instancabile e bravissima collaboratrice artistica del maestro, Natacha Isaeva.
Si tratta della storia dello “sconosciuto”, di un anarchico (Stanislas Nordey), che con altra identità si fa assumere come maggiordomo da Orlov (Sava Lolov), figlio di un funzionario di Stato, notoriamente antirivoluzionario, per carpire sue informazioni, attraverso il figlio. Questa sua falsa identità però lo porterà ad un profondo cambiamento interiore mercè l’attrazione della vita di Orlov e della sua amante, Zinajda Fёdorovna (Valérie Dréville), della cui ultima si innamorerà, a sua volta, rinunciando a tutti i suoi progetti politici.
In questa trama, ad altissima tensione, si intrecciano le relazioni dei personaggi: Zinajda, amante di Orlov, viene da lui corrisposta con un sentimento d’amore individualistico, contrapposto a quello proprio, totalizzante, che, perciò, sarà presto disilluso: non le rimarrà che la fuga a Venezia, Nizza e Montecarlo assieme allo sconosciuto, che la ama, invece, proprio di quell’amore che le aveva negato Orlov. Il dramma dell’amore non corrisposto, poterà Zїnajda all’inevitabile epilogo della morte, forse da suicida, appena dopo aver dato alla luce una bimba concepita con Orlov. Il dramma finisce con il ritorno dello sconosciuto a SanPietroburgo con lo scopo di incontrare Orlov e confidargli di sua figlia che, già orfana di madre, rimarrà anche orfana di padre biologico e putativo: rimarrà figlia di nessuno!
L’interpretazione dei bravissimi attori, di collaudata collaborazione artistica con il regista russo, passa attraverso costruzioni drammatiche, ludiche e miste (teorizzate e praticate dal pedagogo Vasiliev), rese anche con altre forme artistiche e performative come la danza e il cinema in uno splendido spazio scenografico (curato da Philippe Lagrue) che dagli interni di appartamenti lussuosi o disabitati si protende ad un proscenio semicircolare dove i movimenti diventano metafora della coscienza mascherata che si svela. Non è casuale, infatti, che il titolo sia stato tradotto con l’aggiunta del sostantivo uomo al più generico sconosciuto: la pièce, infatti, sia per Čechov che per Vassiliev, risulta particolarmente interessante per il lavoro di scoperta, non tanto dell’identità anagrafica del finto maggiordomo, ma dell’interiorità invisibile di quel terrorista che attua un cambiamento di vita con una ritrovata verità esistenziale.
Il regista Vassiliev, in un intervista rilasciata il 17 aprile scorso a Fanny Mentré, responsabile del comitato di lettura presso il Teatro Nazionale di Strasburgo, ha evidenziato l’attualità della novella cechoviana, di marcata e indiscussa affinità dostoevskjana per l’aspetto estetico-letterario, in relazione ai recenti eventi terroristici: ciò ha indirizzato la scelta registica di mettere in scena, per la prima volta, l’autore russo la cui produzione è stata da sempre oggetto di sua ricerca teatrale. Il maestro, studioso del fenomeno terrorismo nella storia della Russia a partire dal 1870, spiega nell’intervista, che, attualmente il suo interesse, ben presente in questo testo letterario, è quello di interrogarsi, su ciò che avviene nell’attuale società che giunge ad idee radicali del terrorismo facendone aderire soprattutto i giovani; si/ci interroga sulla prematura sclerotizzazione di cuore e la conseguente deriva dell’umanità all’annientamento totale e all’indifferenza generale.
La contemporaneità della pièce è totale. La relazione tra Orlov e la sua amante è una sorta di rappresentazione metateatrale per il finto maggiordomo il quale però, sebbene realizzi un cambiamento nella sua esistenza, non riuscirà ad operare scelte propositive e generatrici: anche l’uomo sconosciuto si libererà della nuova creatura data alla luce dall’amante suicida.
Lo sconosciuto, a sua volta, per un effetto domino, si propone come specchio alle coscienze contemporanee.
Di indiscutibile alto valore artistico e sociale l’opera ha in sé la meritata invocazione ad essere rappresentata in teatri nazionali ed internazionali.
Emilia Brescia