19.03.2019 – In questi giorni ricorrono importanti date artistiche, ossia le giornate mondiali del teatro, della poesia e della marionetta.
Vogliamo dunque darvi qualche spunto di riflessione in merito.
Oggi condividiamo con voi il discorso di Luigi Allegri per la Giornata Mondiale della Marionetta 2019 (21 Marzo 2019), condiviso dal sito UNIMA Italia, Unione Internazionale della Marionetta. Buona lettura!
Il mio approccio al mondo delle figure è un po’ diverso da quello consueto. Io non ho ricordi, se non nebulosi e frammentari, di una frequentazione infantile dell’universo dei burattini (perché nella zona in cui sono cresciuto la tradizione è quella dei burattini), e comunque questi ricordi sono privi di quell’alone di favolistica e rimpianta nostalgia da cui sono solitamente circonfusi nei racconti degli adulti e degli anziani che ne raccontano la memoria. Niente rievocazione e rimpianto della cosiddetta cultura popolare per me, niente imprinting nostalgico che viene dall’infanzia. Il mio accostamento a questo mondo è avvenuto da adulto, e già da un punto di vista intellettuale ed estetico.
Iniziavo la carriera universitaria, venivo da studi di cinema, di un cinema colto e intellettuale come quello di Jean-Luc Godard, e mi affacciavo agli studi teatrali, sia per interesse che per necessità accademiche. Gli amori, a volte, arrivano anche per caso. Gli studi teatrologici, allora – eravamo intorno alla metà degli anni Settanta –, erano impegnati in una dura battaglia culturale – semplifico al massimo – per sganciarsi dall’ipoteca letteraria, per dimostrare che il teatro è quello che sta lì, sul palcoscenico o dovunque si svolga l’azione, e non nelle pagine del libro. Dovevo, volevo scrivere qualcosa che andasse in quella direzione e dunque, alla ricerca di un luogo in cui il teatro fosse libero dalle dipendenze della letteratura e fosse in qualche modo pura azione, ho incontrato il mondo delle figure. E nel 1978 ho pubblicato un libro, un volumetto in realtà, che si intitola appunto Il teatro di burattini e di marionette. Per una storia del teatro come spettacolo. Da lì, il teatro di figura è diventato uno dei miei interessi di ricerca più frequentati.
L’impostazione culturale è comunque sempre stata la stessa di allora. Il mondo delle figure mi interessa, e dovrebbe interessare qualsiasi studioso di teatro, per la particolarità del suo linguaggio teatrale. Ormai credo che tutti (o quasi) abbiamo abbandonato l’idea che i burattini e i suoi fratelli inanimati siano una forma di teatralità minore, adatta ai piccoli, piccoli di età o di condizione sociale e culturale. Il mondo delle figure non è più, nella coscienza culturale e nella storiografia più solida, un mondo separato e subalterno rispetto a quello del teatro d’attore. Il teatro di figura è teatro. Punto. E un teatro che interessa e affascina anche lo spettatore contemporaneo non perché gli riaccende la nostalgia dell’infanzia, non perché gli consente di guardare con degnazione dall’alto lacerti di una cultura popolare che è destinata a scomparire, ma proprio per le ragioni opposte.
Il teatro di figura è contemporaneo perché le sue strutture e i suoi linguaggi sono analoghi a quelli che la cultura contemporanea cercava per uscire dalla routine della teatralità tradizionale. La convenzionalità che rifugge dal naturalismo, la struttura paratattica della rappresentazione, lo spettacolo tutto risolto in azione e non in approfondimenti psicologici e dinamiche di sentimenti, un attore che non rappresenta il personaggio ma è il personaggio sono tutti tratti nei quali la cultura teatrale contemporanea si riconosce.
E del resto non sarebbe altrimenti comprensibile quell’innamoramento collettivo per l’idea e la pratica della marionetta, un vero e proprio “mito della marionetta” che ha attraversato tutte le Avanguardie storiche e in generale la teatralità europea dei primi decenni del Novecento. Né perché il teatro di figura conosca anche in questi ultimi decenni una stagione di così straordinaria creatività. Non è solo il rinvigorirsi della tradizione (c’è anche quello), ma è proprio la piena coscienza della specificità dei propri linguaggi che porta oggi il teatro di figura a essere uno dei fenomeni più interessanti dell’universo teatrale contemporaneo.
Luigi Allegri