19.03.2016 – Il 27 Marzo ricorre la Giornata Mondiale del Teatro, istituita a Vienna nel 1961, dal 27 marzo 1962 si celebra in tutti i paesi dell’I.T.I., Istituto Internazionale del teatro, fondato nel 1948, per iniziativa dell’U.N.E.S.C.O. e di personalità famose nel campo del teatro. E’ la più importante organizzazione internazionale non governativa nel campo delle arti della scena e si propone di “di incoraggiare gli scambi internazionali nel campo della conoscenza e della pratica delle Arti della Scena, stimolare la creazione ed allargare la cooperazione tra le persone di teatro,sensibilizzare l’opinione pubblica alla presa in considerazione della creazione artistica nel campo dello sviluppo, approfondire la comprensione reciproca per partecipare al rafforzamento della pace e dell’amicizia tra i popoli, associarsi alla difesa degli ideali e degli scopi definiti dall’U.N.E.S.C.O.”.
Ogni anno un personaggio del mondo del teatro scrive “il messaggio internazionale”, riflessioni personali sul Teatro e sulla Pace tra i popoli. Il messaggio, tradotto in diverse lingue, viene letto prima della rappresentazione serale nei teatri di tutto il mondo, stampato su centinaia di quotidiani e diffuso da radio e televisione.
Il messaggio perla Giornata Mondiale del Teatro 2016 è stato scritto dal regista russo Anatòlij Vasìl’ev :
C’è bisogno di teatro?
Lo chiedono migliaia di operatori teatrali delusi e milioni di spettatori annoiati.
Perché ne abbiamo bisogno?
In anni in cui la scena è così insignificante al confronto con ciò che succede nelle piazze
delle città e nelle regioni ove si consumano le vere tragedie della vita.
Cosa è per noi il teatro?
Palchi dagli stucchi dorati, poltrone di velluto, quinte polverose, voci impostate; ovvero,
al contrario, scatole nere, imbrattate di sporcizia e di sangue, ammassi di corpi rabbiosi e
nudi.
Cosa può dire il teatro?
Tutto!
Il teatro può dire tutto.
Sia come gli dei vivono nei cieli; come i reclusi languiscono nelle grotte; come la
passione può elevare e l’amore distruggere; come non ci sia spazio per i buoni, e regni
l’imbroglio; come ci sia gente che vive nella sua casa, mentre dei bambini vivono nei campi
profughi, e altri sono ricacciati nel deserto; come ci si separi dai propri cari. Il teatro può
parlare di tutto ciò.
Il teatro è sempre stato e ci sarà per sempre.
Nei prossimi cinquanta, settanta anni, il teatro sarà particolarmente necessario. Perché, di
tutte le arti rivolte a un pubblico, è solo il teatro che passa da bocca a bocca, da occhio a
occhio, da mano a mano, da corpo a corpo. Il teatro non ha bisogno di un intermediario fra
persona e persona. È una parte trasparente dell’universo, né sud, né nord, né oriente, né
occidente. Brilla di luce propria, da tutte e quattro le direzioni, immediatamente
comprensibile da chiunque, nemico o amico.
C’è bisogno di ogni specie di teatro.
E fra le molte e diverse forme di teatro, quelle arcaiche saranno le più richieste. Il teatro
rituale non ha bisogno di contrapporsi a quello delle civiltà avanzate. La cultura secolare sta
perdendo la sua funzione; la cosiddetta informazione culturale subentra di soppiatto alle
realtà semplici, ci impedisce di incontrarle.
Il teatro è aperto. L’ingresso è libero.
Al diavolo i gadget e i computer: andate a teatro, occupate le file in platea e in galleria,
porgete orecchio alla parola e osservate attentamente le immagini viventi. Davanti a voi c’è
il teatro, non consentite che la vostra vita frenetica lo trascuri.
C’è bisogno di teatro di ogni genere.
E solo di un certo teatro non c’è bisogno: il teatro dei giochi politici, della trappola
politica, il teatro dei politici, della politica; il teatro del terrore quotidiano, singolo o
collettivo; il teatro dei cadaveri e del sangue sulle piazze e nelle strade, nelle capitali e nelle
province, fra religioni ed etnie.
(Traduzione dall’originale russo di Marina Deribo e Claudio Facchinelli.)