17.04.2023 – La eco di un timido sole di fresca primavera carezza e lumeggia in sprazzi di tenue bagliore le ieratiche forme dei teatri cittadini appena restituiti al loro ordinario splendore. Solo qualche settimana orsono gli stessi luoghi d’arte e drammaturgia brillavano genuinamente di cinema in una abbacinante ridda di eventi che ha irradiato i suoi riflessi in ogni angolo urbano avvolgendovi la collettività tutta.
Il Bif&st, dopo quattordici edizioni e mezzo, ha varcato il canone meramente cinematico spettacolare delle origini per assurgere a cifra identitaria del suo territorio sino a fondersi e confondersi con esso. Un ospite di prima grandezza che guarda al cinema con gli occhi di chi lo fa ma senza escludere dal suo campo visivo l’orizzonte ed il dibattito contemporaneo.
Ecco avvicendarsi l’impegno (ad esempio la necessaria riflessione sui diritti umani ed il mondo del lavoro) con la cultura (penso al doveroso omaggio al cinema iraniano), le anteprime internazionali (fra gli altri l’americano Air di Ben Affleck) con le visioni inscindibilmente locali (Percoco di Pierluigi Ferrandini), le conversazioni cinefile (su tutti le masterclasses con Gabriele Salvatores, Luigi Lo Cascio e Sonia Bergamasco) con gli eventi di pubblico dalla irresistibile attrattività (il pomeriggio sold out con la rivelazione Elodie).
Il Bari International Film & Tv festival è una realtà festivaliera in cui ogni diaframma, pubblico-protagonisti, addetti ai lavori-appassionati, teatro-città, è del tutto azzerato e che ha nell’immediatezza e nel coinvolgimento diretto tutta la sua incredibile forza.
Tanti i film di questa edizione di cui resterà traccia nella memoria degli spettatori e della critica. Indimenticabile, senza dubbio, il film trionfatore della sezione Panorama internazionale, premiato per la miglior regia, Double life di Enen Yo. Il silenzio della protagonista è rotto dalla loquacità del suo sguardo che diviene cifra dell’inespresso disagio e della difficoltà di percorrere la strada della pienezza affettiva.
La ricerca disperata e discreta di quell’afflato, che sente mancante, la condurrà alla creazione un simulacro protesico della realtà che appare per converso irrealmente appagante. Una realtà, sebbene artificiosa ed illusoria per contratto, talmente perfetta da soppiantare gradualmente ogni oggettività in favore dell’idealizzazione. La dimensione chimerica, seppur non durevole, diverrà un tassello fondamentale nel viaggio dentro e fuori di sé alla ricerca di quel quid novi che restituisca forza e reazione.
Di grande coinvolgimento emotivo anche la proiezione, fuori concorso, del film Les Engagés di Emile Fresche. Una doverosa accentazione sulla valenza universale della legge non scritta della compassione intesa nella sua alta accezione del patire insieme l’altrui sofferenza. Un apologo privo di sbavature sull’umanità dell’umano e sulla necessità di ripartire dai fondamentali dell’uguaglianza per costruire un nuovo modello sociale che dismetta l’idea dell’altro come aliena minaccia.
Nella sezione Italia Film Fest non può non citarsi il film di Ivan Gergolet L’uomo senza colpa, vincitore del premio Ettore Scola per la miglior regia. I toni plumbei ed opprimenti traducono in materia visiva l’inquietudine, il dilemma di un anima in cui l’ansia nemesica si scontra con l’umana pietas. Un farsi e disfarsi di piani e narrati in cui il thrilling è in fondo solo un acuto pretesto per parlare di inaccettabilità del rischio sul lavoro.
Un’edizione, dunque, che consolida tutti i numeri cui il Bif&st ci ha abituati e che ha visto una incredibile crescita social ma che non sembra ancora completamente archiviata per il portato dialettico che ha accompagnato le sue fasi conclusive.
Fulcro di discussione l’esplicita richiesta da parte del direttore Felice Laudadio alla Regione di uno stanziamento anticipato dei fondi necessari a mettere in moto per tempo la macchina festivaliera ed altresì la definitiva messa in sicurezza del festival, attraverso la realizzazione di una fondazione al pari di quanto sperimentato con successo con il Festival di Venezia o con la Festa del cinema di Roma.
Questioni non certo di poco conto se si considera che dal loro dipanarsi dipenderà lo stesso futuro della manifestazione mai così in bilico e mai finora immaginabile in un contesto territoriale diverso dall’attuale.
Tante le voci che hanno fatto seguito al grido d’allarme di Laudadio, molte, moltissime, a difesa del valore intrinseco del festival alcune contrarie sul presupposto che l’odierno contenitore non giovi in concreto al cinema pugliese.
Il vero come sempre riposa nella sintesi e nei fatti: il Bif&st non è solo un festival, è un contenitore culturale di matrice ormai identitaria cui Bari non può rinunciare e che neppure potrebbe pensarsi e realizzarsi altrove, un mezzo di promozione cinematografica efficace come pochi che ha avuto il pregio di far accostare alla sala ed all’audiovisivo ogni tipo di pubblico anche il più distante dalle cineteche. Il Bif&st ha fatto intravedere all’uditorio ed alla città le dorate luci della ribalta che mai prima d’ora avevano illuminato Bari in modo così ravvicinato.
È dunque una preziosa opportunità che merita senza dubbio la stabilizzazione definitiva anche per consentire alla manifestazione di superare alcune timidezze ed acquisire una visione ancor più di ampio respiro che accarezzi il suo core business, la grande platea, ma che nel contempo nutra con altrettanta cura le ansie cinefile dello spettatore più sofisticato che si attende ricerca, innovazione e proposte anche controverse e di nicchia nel segno della più alta arte cinematografica cui da sempre ci ha abituati la grande tradizione festivaliera.
Al prossimo anno! Al prossimo Bif&st!
Simon