13.07.2015 – Nel più colto e taciturno dei non luoghi si incontrano per caso due sguardi, due occhi nuovi e fra loro stranieri ma pervasi da un senso di irrefrenabile (inspiegabile) richiamo; è l’abbraccio visivo di due anime che si studiano, si cercano ed infine si sfiorano, lievi ed insieme audaci, pure ed irruenti come solo un giovane amore che sboccia improvviso può essere.
Ogni cosa è quell’attimo: non servono perché, non serve tempo, non serve nulla, tutto è possibile, tutto è lì, adesso e per sempre o almeno fino a che la realtà non prorompe fulminea in tutto il suo inusitato fragore imponendo, crudele e spietata, l’asprezza delle sue leggi. Potrà l’amore superarle?
Il giovane regista salentino Alessandro Zizzo nel suo pluripremiato corto “Biblioteque”, distribuito da AncheCinema, cerca di rispondere al quesito o meglio ci chiede di domandarcelo con la complicità dei suoi giovani attori Yuri Buzzi e la brava Giorgia Sinicorni, che recitano peraltro conservando i loro veri nomi, e lo fa bene facendosi perdonare anche qualche veniale ingenuità (vedi il ruolo non centratissimo della bibliotecaria âgée).
Zizzo con sapiente maestria tratteggia il più universale dei sentimenti mostrando di sapersi muovere agevolmente tra i silenzi dell’imbarazzo e dell’attrazione e le timorose ritrosie di una difficile verità da celare in una piccola grande istantanea di un momento qualunque, e perciò grandissimo, di vita vissuta, senza schemi o conformistici cliché.
Accade assai di rado, infatti, che temi così delicati ed importanti, come quello della disabilità, siano affrontati con piglio realistico e nel contempo di tal lieve soavità da riuscire a restituirci la dimensione di assoluta normalità altra di tale condizione esistenziale portandoci necessariamente a interrogarci su noi stessi e sul nostro approccio con le prismaticità dell’esistenza.
Un plauso inoltre è doveroso anche per il formato scelto: il cortometraggio nella sua scarna essenzialità è il mezzo che meglio di qualunque altro risulta deputato a portarci tale messaggio. Nella sua breve durata, anche se pare un ossimoro, ci costringe a pensare a lungo, non tanto o non solo su ciò che si è appena visto ma soprattutto sul suo non detto e sul suo sottile j’accuse a una società che spesso preferisce il rimosso ad una seria ed adulta discussione sulla implosione del mito della inclusione sociale.
Simon