1.11.2015 – Come la Sacra Bibbia anche la prima stagione dei Teatri di Bari inizia con il libro della Genesi (22,1-19).
La nuova produzione è un adattamento dell’instancabile Teresa Ludovico della pièce scritta, nella forma della tragedia classica, dall’insigne filosofo contemporaneo prof. Ermanno Bencivenga per cui la storia di Abramo è molto liberamente tratta dal libro della Genesi. Tanto liberamente tratta fino a diventare un’altra storia.
Molto in breve, con Bencivenga, Abramo va oltre la prova proposta da Dio: l’unigenito figlio Isacco, promesso, tanto desiderato, concepito e divenuto frutto del seme del padre, nonostante la sterilità della madre Sara/Ludovico e dell’età notevolmente avanzata sia della stessa che del padre Abramo/Augusto Masiello, viene sacrificato a Mòria trasformando così quell’Amore in schiavitù. Questa trasformazione dai personaggi è vissuta in forma di conflitto; conflitto ben descritto e poco agito dal bravo e preciso luogotenente/Cristian Di Domenico (anche aiuto regia) e dai bravi protagonisti, in una imponente e godibilissima scenografia e luci dall’atmosfera metafisica (bravissimo come sempre Vincent Longuemare) rotta dai suoni della musica rock e folk legata soprattutto agli attori interpreti dei personaggi più giovani di età, come Isacco e i due clowneschi viandanti (le figure angeliche del testo sacro).
L’Abramo di Bencivenga uccidendo il figlio Isacco crede fermamente di aver obbedito alla volontà di Dio, come aveva sempre adempiuto con altre prove cui era stato sottoposto; ma in questo sacrificio è andato oltre la volontà di Dio ed ha osservato la cieca ubbidienza umana senza riuscire a superare la vera prova di doversi interrogare se quell’atto estremo era davvero una richiesta Divina! E la moglie Sara, che, per diverse scene dopo il sacrificio, diventa un personaggio provato psicologicamente, non può che rimproverare al marito, lei si credendo trattarsi del volere divino, che molto più semplicemente non avrebbe dovuto rispettare quella volontà: accusa il marito di nascondere dietro quell’obbedienza l’alibi per non cedere il suo potere al figlio, al “nuovo” che avanza.
In questo modo però entrambi i personaggi vengono dall’autore intrappolati nella finitezza umana, e resi ancora incapaci di liberarsi da ciò che li lega al terreno, alla materialità ed all’effimero, sia che si tratti di potere, di affetto, di sicurezza, ecc. Ma questi, purtroppo, sono ancora gli uomini e le donne di oggi, capaci di generare tra di loro solo relazioni senza Amore Reciproco.
Del e sul perchè di questa incapacità di Amare dell’uomo e della donna nel rapporto tra di loro e con i figli e con Dio ci si è confrontati in una interessante conversazione a più voci, ricca di sollecitazioni , condotta dal premio strega e Presidente onorario Teatri di Bari Nicola Lagioia, e che ha preceduto lo spettacolo il 29 ottobre scorso alla presenza dell’autore della pièce e di autorevoli rappresentanti credenti e non, tra scrittori, filosofi, letterati, giornalisti, laici e religiosi.
Il testo letterario in forma drammaturgica (forma in genere congeniale per l’esigenza testuale dell’autore), dovendo in questo caso rappresentare forse più che il conflitto tra i personaggi, il conflitto e i dubbi di ognuno dei protagonisti, necessita, per essere anche testo di azioni, di scelte precise per ogni singolo personaggio per evitare di scivolare nella banalità della descrizione ed in personaggi che, non agendo, si limitano al racconto. In questa difficilissima operazione si adopera con adattamenti e riduzioni la regista Teresa Ludovico con risultati a volte più geniali ed altre volte sacrificati.
Spettacolo da non perdere, in replica fino a domenica 1° novembre presso il teatro Kismet Opera per tentare quanto meno di interrogarsi e di pensare a come migliorare la qualità delle relazioni umane.
Emilia Brescia