20.10.2018 – Sarà proiettato in tutta Italia, dal 22 al 24 ottobre, il film evento Klimt & Schiele: Eros e Psiche, scritto da Arianna Marelli e diretto da Michele Mally, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital con il sostegno di Intesa Sanpaolo e con la partecipazione straordinaria di Lorenzo Richelmy.
Un appuntamento all’interno della Stagione della Grande Arte al Cinema, ideato per guidare lo spettatore tra le sale dell’Albertina, del Belvedere, del Kunsthistorisches Museum, del Leopold Museum, del Sigmund Freud Museum e del Wien Museum, ripercorrendo un periodo straordinario: un momento magico per arte, letteratura e musica, in cui circolano nuove idee, si scoprono con Freud i moti della psiche e le donne cominciano a rivendicare la loro indipendenza.
1918. Mentre i boati della prima guerra mondiale si vanno spegnendo, a Vienna, nel cuore della Mitteleuropa, un’epoca dorata è ormai al tramonto. L’impero austro-ungarico comincia a disgregarsi. È il 31 ottobre. Quella notte, nel letto della sua casa, muore Egon Schiele, una delle 20 milioni di vittime causate dall’influenza spagnola. Se ne va guardando in faccia il male invisibile, come solo lui sa fare: dipingendolo. Ha 28 anni. Solo pochi mesi prima, il salone principale del palazzo della Secessione si era aperto alle sue opere: 19 oli e 29 disegni. La sua unica mostra di successo, celebrazione di una pittura che rappresenta le inquietudini e i desideri dell’uomo. Qualche mese prima era morto il suo maestro e amico Gustav Klimt, che dall’inizio del secolo aveva rivoluzionato il sentimento dell’arte, fondando un nuovo gruppo: la Secessione viennese. Oggi i suoi capolavori attirano visitatori da tutto il mondo o diventano star al cinema in film come Woman in Gold, ma sono anche immagini pop che accompagnano la nostra vita quotidiana su poster, cartoline e calendari. Ora, cent’anni dopo, le opere di questi artisti visionari – tra Jugendstil ed espressionismo– tornano protagoniste assolute nella capitale austriaca, insieme a quelle del designer e pittore Koloman Moser e dell’architetto Otto Wagner, morti in quello stesso 1918 nella stessa Vienna.
“A ogni epoca la sua arte, all’arte la sua libertà”. È il motto che campeggia a lettere d’oro sull’ingresso del palazzo della Secessione e inaugura un tempo nuovo. Proprio quest’epoca rivive in Klimt & Schiele. Eros e Pische, raccontata dalla voce dell’attore Lorenzo Richelmy: una città negli anni in cui per le strade o nei caffè si potevano incontrare Hugo von Hofmannsthal, il giovane Ludwig Wittgenstein, i futuri registi Fritz Lang e Erich von Stroheim, a teatro andavano in scena i drammi di Arthur Schnitzler e all’opera si assisteva alla prima de La vedova allegra come alla Salomè di Richard Strauss. Il documentario si arricchirà così di immagini di straordinaria forza, con le decorazioni ammalianti e avvolgenti proprie dei quadri di Klimt fino alle tormentate linee di Egon Schiele. Nei suoi nudi magnetici e nelle figure contorte esplode un erotismo invincibile eppure sofferto. Un tema-scandalo – proprio negli anni in cui si sviluppava la psicoanalisi – che causò al pittore un’incarcerazione e un processo nella cittadina di Neulengbach.
Proprio l’erotismo è il filo segreto di questa storia. Dal simbolico 1900 della pubblicazione dell’Interpretazione dei sogni di Sigmund Freud, l’inconscio sale prepotentemente in superficie. La psicoanalisi, con le sue dirompenti teorie sulla sessualità infantile e le emozioni represse o rimosse, scuote una società benpensante che comincia ad aprire gli occhi sulla natura profonda dell’io. In letteratura la Traumnovelle (Doppio sogno) di Arthur Schnitzler – l’opera da cui Stanley Kubrick nel ‘99 ha tratto il suo film Eyes Wide Shut – descrive una Vienna notturna, fatta di perturbanti balli in maschera e di sogni intrisi di sessualità. Hermine Hug-Hellmuth, una delle prime donne ad essere ammessa alla Società Psicoanalitica di Vienna, pubblica il Diario di una giovinetta (1919) – scritto in realtà da lei stessa – sulla vita sessuale di una ragazzina: “un piccolo gioiello”, come lo definiva Freud. Una vicenda molto discussa, quella di Hermine Hug-Hellmuth, destinata a diventare anche caso di cronaca: nel 1924 la studiosa verrà trovata morta, uccisa proprio dal nipote Rolf che a lungo aveva non solo educato ma anche – queste le accuse di lui – psicoanalizzato. Le donne, del resto, sono sempre più al centro della vita pubblica: il salotto di Berta Zuckerkandl è un crocevia d’artisti, come lo studio di Dora Kallmus, la più famosa fotografa della capitale.
Un mondo di voci inconfondibili, che entreranno nel documentario attraverso letture dell’attrice e modella Lily Cole e interviste internazionali: dal Nobel per la medicina e neuroscienziato Eric Kandel, che potrà svelarci le connessioni tra inconscio, mente e creatività, agli storici dell’arte Alfred Weidinger e Jane Kallir che racconteranno Klimt, Schiele e gli altri, e spiegheranno perché i loro quadri ci parlano ancora. E poi la Vienna della musica, tra il ritmo dei valzer degli Strauss padre e figlio che risuona nelle piazze e nei caffè e il ricordo dei giganti del passato, Mozart, Beethoven, Schubert e Brahms. Da questa tradizione parte il giovane Arnold Schönberg, destinato a sovvertire – proprio come i pittori del tempo – la propria arte con la dodecafonia, come ci potranno spiegare il musicologo Bryan Gilliam e il pianista Rudolf Buchbinder. Vienna, una città in cui rivive la storia, tra i mastri pasticcieri che si tramandano la ricetta della Sachertorte e i gioiellieri che riprendono il design liberty, tra i balli di società – come quelli di carnevale – in cui danzano oggi come allora i giovani delle famiglie viennesi e le marionette che a Schönbrunn incantano i bambini con Il Pipistrello di Strauss. Il bacio dell’arte che ha sfiorato un’intera città, senza più lasciarla, influenzando artisti di tutto il mondo. In Italia, Gaetano Previati partecipa alle atmosfere oniriche della nuova arte. È proprio di fronte alla sua Danza delle ore – realizzata nel 1899, appartenente alla Collezione Fondazione Cariplo ed esposta alle Gallerie d’Italia -Piazza Scala, sede museale di Intesa Sanpaolo a Milano – che si chiude il film, scandendo il ritmo del tempo che passa, un’epoca che si chiude per volgere inesorabilmente verso il Novecento.
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