28.07.2017 – Sono trascorse già due settimane dalla magnifica rappresentazione dell’opera lirica Pagliacci di Ruggero Leoncavallo per la regia del noiano Rocco Pugliese Eerola. L’emozione è rimasta intatta, conservata gelosamente nel cuore, assieme alla meraviglia di aver scoperto una realtà di grande pregio come Noicattaro Lirica, giunta all’ottava edizione, curata dall’associazione APS Noicattaro Neroazzurra.
L’opera di Leoncallo è andata in scena a Noicattaro, in quello che ormai è stato ufficialmente ribattezzato il Piazzale della Lirica, nel centro storico della cittadina noiana, il 13 e il 15 luglio scorsi.
Pagliacci, opera lirica in due atti su libretto e musica di Ruggero Leoncavallo, fu rappresentata per la prima volta al Teatro dal Verme di Milano il 21 maggio 1892 con la direzione musicale di Arturo Toscanini e viene spesso rappresentata assieme alla Cavalleria Rusticana, in quanto opere brevi e di carattere verista.
Pagliacci è infatti ispirato ad una storia vera, del quale il giovanissimo Leoncavallo fu testimone oculare.
La sua famiglia si trasferì, quando lui era bambino, nel piccolo paese di Montalto Uffugo, in Calabria, qui il padre faceva il pretore e proprio in quel periodo ci fu un episodio di uxoricidio nel quale furono coinvolti alcuni autori di una compagnia errante di teatro. Su questa vicenda si fonda il melodramma del compositore napoletano.
Dopo l’introduzione strumentale dell’Orchestra Sinfonica Metropolitana di Bari mirabilmente diretta da Giovanni Rinadi, la rappresentazione inizia “a sipario calato”, con un baritono, in genere quello che interpreta Tonio, solitamente nel costume che vestirà più avanti come Taddeo, che si presenta al proscenio come “Prologo” (“Si può?, si può?”), fungendo da portavoce dell’autore ed enunciando i principi informatori e la poetica dell’opera.
Nell’opera di Rocco Pugliese Eerola non c’è sipario e il Prologo è seduto nel pubblico e, sul finire della musica, viene introdotto da due giovani ballerine.
La piccola compagnia teatrale itinerante composta dal capocomico Canio (Pagliaccio), il tenore Lorenzo De Caro, dalla moglie Nedda (Colombina), il soprano Luisella De Pietro e dai due commedianti Tonio, il baritono Denghui Zhao e Beppe (Arlecchino), il tenore Giuseppe Settanni, giunge in un paesino del sud Italia, che nel nostro caso è proprio la Noicattaro degli anni 40, per inscenare una commedia.
Ci preme sottolineare la bellezza delle scenografie e degli allestimenti, curati da Damian Pastoressa, Stefano Merlo, Irene Tassinato ed Emma Labriola e naturalmente dei magnifici costumi di Angela Gassi.
Tutto ha contribuito a rendere questo lavoro all’altezza di importanti teatri di fama mondiale.
Tornando alla trama Canio non sospetta che la moglie, molto più giovane di lui, lo tradisca con Silvio, un contadino del luogo, ma Tonio, fisicamente deforme, che ama Nedda e ne è respinto, lo avvisa del tradimento. Canio scopre i due amanti che si promettono amore, ma Silvio fugge senza essere visto in volto. L’uomo vorrebbe scagliarsi contro la moglie, ma arriva Beppe a sollecitare l’inizio della commedia perché il pubblico aspetta. Canio non può fare altro, nonostante il turbamento, che truccarsi e prepararsi per lo spettacolo.
Questa è l’aria più famosa dei Pagliacci, struggente e magnificamente interpretata dal tenore Lorenzo Decaro.
“Vesti la giubba, e la faccia infarina […]. Ridi, Pagliaccio, su tuo amore infranto! Ridi del duol che t’avvelena il cor”
Nonostante il cuore trafitto dal dolore, lo spettacolo deve andare avanti, così Canio si trucca, indossa il suo costume da Pagliaccio e va in scena…tuttavia i sentimenti da lui provati lo tradiranno molto presto. Canio/Pagliaccio deve impersonare nella farsa un marito tradito, e la realtà delle cose prende il sopravvento sulla finzione (“No, Pagliaccio non son”) ed egli riprende il discorso interrotto poco prima, rinfacciando a Nedda/Colombina la sua ingratitudine e dicendole che il suo amore è ormai mutato in odio per la gelosia.
La donna, intimorita, cerca di mantenere un tono da commedia, ma poi, minacciata, reagisce con asprezza. Beppe vorrebbe intervenire, ma Tonio, eccitato dalla situazione, di cui è responsabile con il suo tradimento, glielo impedisce, mentre gli spettatori, dapprima attratti dalla trasformazione della farsa in dramma, comprendono troppo tardi che ciò che stanno vedendo non è più finzione.
Il pubblico ha un ruolo fondamentale nel lavoro di Leoncavallo quello del coro, e viene curato con la consapevolezza di chi fa un mestiere che è sottoposto al giudizio del pubblico, che ne valuta il successo o l’insuccesso.
Nel lavoro di Noicattaro Lirica sono presenti il coro di Sant’Agostino (Noicattaro) diretto da Maria Dipinto e il delizioso coro dei bambini, I Rapsodini, diretto da Nicla Didonna, impeccabili nel loro importante ruolo.
Di fronte al rifiuto di Nedda di dire il nome del suo amante, Canio accoltella a morte lei e poi Silvio, presente tra il pubblico e accorso sul palco per soccorrerla.
Il delitto è compiuto e Canio esclama beffardo:”La commedia è finita!”
Potremmo continuare a scrivere per molte altre battute ma non vogliamo annoiarvi, l’interesse e l’amore per l’Opera Lirica nascono dal cuore e ringraziamo queste iniziative pugliesi che ci permettono di innamorarci di uno dei più grandi patrimoni artistici che l’Italia può vantare.
Con Noicattaro Lirica l’appuntamento è per l’anno prossimo!
Manuela Bellomo