6.12.2016 – Ci sono attimi nei quali le distanze sembrano azzerarsi e sempre più spesso l’ arte, in primis la musica, diventa un mezzo attraverso il quale culture e linguaggi diversi sembrano viaggiare su unico medesimo binario. Vito Ottolino, chitarrista e compositore pugliese di grande talento, ha saputo coniugare con magistrale perizia nel suo ultimo lavoro discografico “Distanze” le diverse culture del mondo, creando un sound assolutamente originale nel quale la formazione classica di base ben si fonda con le tradizioni delle più svariate latitudini e con il jazz.
Il percorso artistico di Vito Ottolino, diplomatosi in chitarra classica presso il Conservatorio “N.Piccinni” di Bari con il massimo dei voti e la lode, affonda infatti le sue radici nella musica brasiliana, nel blues acustico, nel jazz ma anche nella canzone d’ autore italiana visto che dal 2004 entra a far parte nella formazione dei Fabularasa, una delle più interessanti realtà del panorama italiano con i quali vince prestigiosi premi nazionali (Premio Musicultura 2005, Targa per miglior musica Premio Bindi 2011), pubblica due album per l’ Egea (“En plein air” e “D’ amore e di marea”) e con i quali ha avuto la possibilità di lavorare in studio con nomi del calibro di Paul McCandless (polistrumentista a fiato degli Oregon), Nicola Stilo, Bruno De Filippo, Gabriele Mirabassi.
“Distanze” pubblicato nel 2015 dall’ etichetta pugliese Digressione Music è stato realizzato con la collaborazione artistica del contrabbassista Francesco Angiuli, il contributo del percussionista Cesare Pastanella e gli interventi di due turnisti di talento quali il tastierista Beppe Fortunato e del batterista Felice Di Turi presenti rispettivamente in “Movie’ s Song” e “Misunderstanding”. Nove le composizioni originali a firma del musicista pugliese a cui si aggiunge con “Last Train home” l’ omaggio all’ amato Pat Metheny, che fluide creano un unicum sonoro di grande impatto emotivo laddove le magistrali esecuzioni alla chitarra (classica ed acustica) ben si fondono con i contrappunti ritmici di Angiuli e Pastanella.
E se Ottolino, ha sempre utilizzato la sua adorata Puglia come punto di partenza per le sue sperimentazioni musicali, Francesco Angiuli, ancorato al jazz più ortodosso, ha fatto del nomadismo musicale uno stile di vita. Decisamente più che interessante il risultato del duo, artefice di un linguaggio raffinato mai banale, non ancorato a generi predefiniti ma proteso ad ampi spazi di jazz, classica e world music grazie agli interventi percussivi del maestro Pastanella. L’ ascolto del disco appare godibile e fluido sin dall’ inizio.
L’ esecuzione chitarristica di Ottolino è precisa e coinvolgente, ciò che colpisce dell’ architettura dei brani è l’ ampio respiro di cui essi si nutrono, al cui interno il gusto della melodia mitteleuropea ben si sposa con visioni d’ oltreoceano. Ad aprire l’ album l’ evocativa “Celeste” a cui seguirà la briosa “Outstanding Journey” strutturata da un incipit in tempo ternario di kalimba e ben sostenuta dal drumming afro di Pastanella, la title track nella quale l’ incipit della chitarra delinea melodie dai sapori lontani, l’ intrigante “Runnin’ home” e la melanconica “Movie’s Song“.
In “Finis Terrae” la darbuka di Pastanella ben sostiene le trame arpeggiate della chitarra ed il tema del contrabbasso innalzando la tensione del brano, conferendo ad esso paesaggi dal sapore magrebino mentre “Brincadeira” rappresenta un’aperta dichiarazione d’ amore alla musica brasiliana in particolare ai ritmi del Choro. In chiusura la versione intimista ed onirica di “Last Train Home” di Pat Metheny e la dolcissima “Lungo la strada” nella quale gli arpeggi di chitarra si fondono simbioticamente al contrabbasso di Angiuli in un rincorrersi circolare, quasi a disegnare una possibile traccia di un viaggio senza meta.
Claudia Mastrorilli