23.05.2016 – L’ultimo degli spettacoli del cartellone per la prosa del Teatro Pubblico Pugliese, Songs of Lear, è stata l’esclusiva nazionale del teatro polacco Songs of the Goat rappresentata al teatro Petruzzelli. La compagnia opera nell’ambito della ricerca teatrale ispirandosi agli insegnamenti del maestro Jerzy Grotowski ed è diretta da Grzegorz Bral anche regista dello spettacolo.
Il lavoro teatrale è tratto dalla tragedia shakespeariana RE LEAR. La messa in scena è il risultato di un analisi del dramma suggerita dalle opere postimpressioniste di Kandinskij dove i “colori sono sostituiti dai suoni”. Lodevole l’intervento esplicativo da parte del regista personalmente per lo studio effettuato sulla tragedia. La rappresentazione alterna quadri del dramma che trattano dei momenti più importanti di tutta l’intrecciata vicenda del Re Lear soprattutto relativamente ai personaggi, alle loro emozioni e ai loro sentimenti. I quadri sono costituiti da brevi parti recitate, con gradita traduzione su pannello posto in alto ed in fondo al palcoscenico, alternate ciascuno ad un canto. I canti, quasi sempre corali, un unicum anche tra voci e corpi, sono accompagnati da strumenti musicali quali chitarra, armonio, kora e cornamusa di origini polacche, e suonati dal vivo dai loro compositori Maciej Rychly (per i c.d. Canti copti) e Jean-Claude Acquaviva.
Il regista ha introdotto i quadri con interventi personali per spiegare in anticipo il susseguirsi dei momenti del dramma, in una scenografia composta solo da una decina di sedie situate a semicerchio e delimitanti lo spazio scenico entro cui hanno trovato azione i canti.
E così dal primo canto In Paradisum si passa a quello sulle dicerie dell’abdicazione del re e della sua volontà di lasciare il potere alle figlie; quando il re annuncia la sua decisione fatale il primo a reagire è il buffone e quindi segue il “canto del buffone”.
Segue il primo Canto copto mentre gli attori fanno vivere la circostanza dell’arrabbiatura del re che bandisce Cordelia dal regno: segue il primo dei canti sui lamenti di Cordelia.
Bandita Cordelia, son le altre due figlie, ora a bandire Re Lear mentre rimangono solo i suoi amici e perciò il canto successivo è quello de “I cavalieri senza re” giustamente cantato solo dagli attori.
Segue il secondo dei canti copti con “Guerra” dove nessuno ricorda più come era il Paradiso ma che si spera poter esser ritrovato. Mentre il re vaga per la foresta e sente e vede cose strane il regista ha riferito che il maestro Acquaviva chiedeva l’esecuzione ineccepibile di un accordo corale con le voci affinchè si potesse ascoltare anche la voce degli angeli; da questa ricerca il canto prende proprio il titolo de “La quinta voce degli angeli”. Ma si ascoltava bene nelle note anche la preghiera dell’Ave Maria in latino. “Salmo 11” è il canto copto successivo. Segue il ritorno di Cordelia dalla Francia e quindi il canto del suo secondo lamento seguito da quello del ritorno della regina che rivolge al re la domanda: “Il mio cuore è troppo grande per te?”. La messa in scena volge al termine con il canto finale per la morte di un re e la fine di un regno: il canto diventa di pianto e di dolore straziante, tutt’uno con il corpo dalle attrici attinte dallo stesso fortissimo dolore e che al centro della scena si stringono le loro mani come per trasmettersi reciprocamente forza e coraggio.
Lo spettacolo che al teatro Petruzzelli ha riservato il privilegio dell’esclusiva nazionale si è rivelato molto interessante per la ricerca performativa come han dimostrato gli applausi del pubblico presente, questa volta, anche qualificato. La scelta di sottolineare del Rea Lear sentimenti e situazioni dei personaggi e il loro rapporto tra umano e sacro, ben evidenziato con la musica copta, necessariamente, ha determinato l’uscita della rappresentazione teatrale dal clichè dello spettacolo tragico.
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Emilia Brescia