14.03.2023 – Luisa Sordillo è una scrittrice pugliese, un avvocato, una mamma speciale e un’anima meravigliosa, con una penna capace di avvolgere in un abbraccio stretto: questo il dono ricevuto leggendo Voce di Sale, edito da IacobelliEditore.
Luisa prende per mano il lettore e lo conduce in un viaggio attraverso un mondo, quello dell’Autismo, che può fare molta paura e in cui è doveroso entrare in punti di piedi, con il cuore aperto e pronto all’accoglienza, non di ciò che manca ma di ciò che c’è.
Con la sua scorrevole e accattivante scrittura la Sordillo racconta la storia di Aurelia e Adriano, mamma e figlio autistico: lo sbandamento iniziale e le difficoltà oggettive, con cui l’Autismo si impone, subiscono nel libro una catarsi che non ne sminuisce l’entità ma permette di guardare gli eventi da un punto di vista differente.
Luisa insiste molto sul cambio di prospettiva e si fa aiutare dal personaggio di Marzia, magnifica e luminosa donna che, nell’amicizia con Adriano e la sua famiglia, riscatta se stessa, il suo passato e la sua vita.
Voce di Sale è sicuramente un libro di rinascita e di speranza per tutti coloro che sono nel mondo autistico e per chi in qualche modo ne viene sfiorato, senza addolcirne le difficoltà personale, famigliare e sociale.
Alla fine si conquista faticosamente un assioma: l’Autismo si odia ma l’autistico si può riuscire ad amare.
In buona sostanza Luisa, mamma a sua volta di Simone, splendido ragazzo autistico, vuole semplicemente dirci che si può volare anche con paio di ali in tasca.
“Ali in tasca” è il progetto musicale realizzato da Simone assieme al cantautore pugliese Ilario De Angelis, sul testo che la stessa Luisa ha scritto e che potete ascoltare nel video.
Il brano è stato musicato da de Angelis e arrangiato da Edgardo Caputo della Edrecords di San Severo.
Simone ha 23 anni ed è appassionato di musica ed è proprio sulle ali di queste note che stanno nascendo anche altri progetti che Luisa ci racconta in una chiacchierata, come consuetudine di Puglia Eccellente.
Intervista
Nel tuo libro è ricorrente la parola solitudine, quella voluta e quella subita. In che modo L’Autismo isola e in che modo può avvicinare?
Quando ci si discosta dagli schemi precostituiti è altamente probabile incorrere nella solitudine, intesa proprio come isolamento sociale. Per quanto pensiamo tutti di essere aperti e anticonformisti, la normalità intesa appunto come adeguamento al maggior numero di persone continua ad essere la regola, mentre la differenza resta un’eccezione che desta sospetto, lascia interdetti, allontana perché spesso spaventa.
Ciò che non si conosce turba e si alzano inevitabilmente dei muri. E dunque l’effetto collaterale primo di una disabilità in generale e dell’autismo in particolare è proprio la solitudine. L’autismo poi, nelle sue forme più critiche, ha tra le sue caratteristiche un’alterazione della comunicazione che si presenta bizzarra, scarna, se non addirittura assente e una difficoltà ad interagire con gli altri. La solitudine nell’autistico è sempre subita e mai voluta, al contrario di quanto si potrebbe pensare. Gli autistici, anche se generalizzare non è mai corretto, ricercano la compagnia ma non hanno gli strumenti idonei per procurarsela.
E credo che anche per i familiari dell’autistico la solitudine sia subita. Probabilmente l’unica solitudine che si ricerca è quella necessaria per metabolizzare lo stato dei fatti, per comprendere, per cadere e rialzarsi. Ma se si avesse un appoggio, un braccio su cui fare affidamento, una mano da prendere, ci si potrebbe rialzare in un tempo inferiore e ritrovare un equilibrio più stabile.
Tuttavia, nel momento in cui si riesce a frantumare un pregiudizio e a modificare il giudizio nei confronti degli autistici, ecco che ci può essere un incontro bellissimo. Perché come dico nel romanzo gli autistici non sono fogli bianchi da riempire, ma sono già dei libri bellissimi. E se si abbattono le distanze si possono scoprire storie meravigliose e ci si può appassionare alla loro lettura. Innamorandosene.
Il bellissimo personaggio di Marzia è una persona reale o la somma di più persone che nella tua vita hanno fatto la differenza?
Il personaggio di Marzia fortemente amato da me è, come gli altri, un personaggio di fantasia. Nella vita reale non sono stata fortunata ad incontrarla e forse è proprio per questo che ho deciso di renderla così importante nel romanzo. Ognuna di noi, “madri autistiche” dovrebbe avere al fianco la propria Marzia, per potersi rialzare fiduciosa, come dicevo prima, dopo la caduta che necessariamente segue la comunicazione della diagnosi. Quest’ultima arriva come uno sparo che trasforma ciò che di più prezioso si ha nella vita, il proprio figlio, in un onere, un peso gravoso, un fardello.
Scoprire che il proprio figlio non sarà mai come gli altri è devastante. Proprio perché siamo tutti vittime del conformismo mentale. Avere accanto una Marzia che ribalta la prospettiva portando ad apprezzare ciò che si possiede così com’è , senza crogiolarsi in ciò che avremmo potuto avere, sarebbe una pozione magica per affrontare con maggior serenità ogni “originalità” del destino. Ma troppo spesso la realtà è crudele e ci si ritrova soli, laddove “gli autistici non hanno amici e i genitori finiscono col perdere i propri”.
Cosa pensi della parola “inclusività” in merito alla tua esperienza di mamma di un ragazzo autistico?
L’inclusione credo che sia una delle parole più belle del nostro dizionario! Il suo significato è quello di appartenenza ad un gruppo confondendosi in esso, senza alcuna differenza tra chi ne fa parte. Non vuol dire che bisogna essere tutti uguali, ma che le differenze si annullano per dar luogo ad un gruppo nuovo, nato appunto dalla fusione di tutte le caratteristiche delle persone che ne fanno parte. Tutto viene compensato, non ci sono migliori o peggiori, ma persone che si completano.
In questo sua straordinaria accezione posso affermare con rammarico e sicurezza che siamo ancora molto lontani da una sua attuazione concreta. Direi che siamo fermi in una situazione di accettazione e tolleranza da parte di chi si sente su uno scalino più alto e confortevole. Non siamo ancora pronti per un mondo realisticamente compatto. La domanda è: perché vivere gli autistici come diversi, nel senso di inadeguati o carenti? Non sarebbe più evoluto il concetto di “normalmente differenti”, ciascuno con la propria ricchezza da consegnare all’altro?
La musica nella vita di Simone: da Ali in tasca a MagoS. Raccontaci questa bella avventura.
La musica è strepitosa! Oltre ad essere il linguaggio universale per eccellenza, non giudica, non punta il dito. E’ un’amica leale: offre a tutti la stessa quantità di amore. E mio figlio ha ricambiato questo amore fin da piccolo. Ascoltava attento la musica che giornalmente si diffondeva nella nostra casa, fino a sentire la spinta a creare un rapporto sempre più stretto, intimo. Per curiosità, prima. Per contrastare la solitudine, poi. E così Simone ha iniziato a cantare, non più solo ad ascoltare.
Incrementando la sua memoria, la sua attenzione, la sua capacità di comprendere un linguaggio non sempre per lui immediato. Con la musica gioca, si diverte, cresce, impara, si perfeziona. Sorride. La musica lo rende felice. E così, inaspettatamente, un giorno mi ha chiesto di voler suonare uno strumento e ha scelto il pianoforte.
Chiudendo il cerchio della sua grande passione. Sentendolo cantare nella sua stanza ho pensato che sarebbe stato bello fargli cantare una sua canzone. Un sogno che sembrava enorme e irraggiungibile. Ma grazie all’aiuto di persone fantastiche incontrate sul nostro cammino, come il cantautore Ilario de Angelis e l’arrangiatore Edgardo Caputo, questo sogno apparentemente assurdo ha preso forma.
Fino ad arrivare alla produzione del primo singolo di Simone, Ali in tasca, scritto da me, musicato da de Angelis e arrangiato da Caputo della Edrecords di San Severo. Con questa canzone Simone si è presentato al pubblico, mettendosi a nudo, confidando le sue paure, le incertezza, il malessere provocato dal sentirsi spesso messo “all’angolo del ring” della vita. Ali in tasca ha riscosso inaspettato e incredibile successo, tanto da arrivare ad un’esibizione in Rai e alla partecipazione a tante manifestazioni e trasmissioni.
Quella luce nei suoi occhi mi ha spinta a scrivere una seconda canzone per lui, che uscirà a breve su tutte le piattaforme musicali importanti. E così il sogno continua, con sempre più determinazione e impegno da parte di Simone, che nel frattempo ha scelto un nome d’arte, MagoS. Perché il suo desiderio più grande è cantare e si sa, i sogni vanno protetti, coccolati e coltivati affinchè si trasformino in miracoli di luce. E lui ha un miracolo dal peso specifico importante da realizzare: far aprire le porte del mondo della musica all’autismo.
Luisa c’è un messaggio che attraverso le nostre pagine hai voglia di mandare a chi vive l’Autismo e a chi ci vive intorno e magari ha paura di sbagliare?
Voce di sale è una storia d’amore, raccontata attraverso varie forme di amore. Una storia in cui si esplicitano, seppur attraverso personaggi di fantasia, delle verità. Senza urlare ma in modo incisivo. Una narrazione che invita a riflettere, a spostare il grand’angolo, ad acquisire una sensibilità verso condizioni non conosciute o affinare sensibilità esistenti. Un romanzo che tende a richiamare il senso comune di appartenenza, per sentirci tutti parti attiva della comunità, in cui tutti sono figli di tutti. Come nell’antichità, a testimonianza che il progresso non è sempre evolutivo. Nessuno di noi è un’isola, scriveva John Donne, nessuno può farcela da solo. Vale per tutti, per alcuni diventa imprescindibile.
Ho riflettuto a lungo su come devono sentirsi le persone autistiche in questo mondo che le vorrebbe diverse e si ostina a volerle cambiare. E allora ho scritto questo libro per ribadire che avere un figlio autistico non è una disgrazia, ma lo diventa se tutti pensiamo che sia così. Ho scritto questo libro perché per una madre non c’è un figlio autistico o disabile, ma semplicemente un figlio.
Ho scritto questo libro per testimoniare che questi ragazzi possono essere amati profondamente, perché oltrepassando l’autismo sono ragazzi meravigliosi, con un cuore che batte esattamente come quello degli altri. Voce di sale non vuole insegnare, ma “confidare” e consegnare emozioni, paure, riflessioni, considerazioni. E soprattutto vuole essere una sorta di risarcimento per coloro che devono lottare per essere amati semplicemente per ciò che sono, in una società che non ammette imperfezioni. In una società che abbassa gli occhi laddove basterebbe aprire un sorriso.
Ringraziamo commossi Luisa Sordillo per avere risposto alle nostre curiosità e per avere, speriamo, aperto le nostre menti e i nostri cuori verso un approccio differente alla disabilità e all’Autismo in particolare.
Biografia
Luisa Sordillo nasce a San Severo, in provincia di Foggia, nel 1966. Eclettica, ama l’arte in ciascuna delle sue declinazioni, in particolare la musica, la lettura, la scrittura, la pittura e la poesia, alla quale si avvicina per caso, provando a mettere nero su bianco dei personali pensieri. Pubblica una silloge, Sincronia della sorellanza, insieme alla sorella Edvige (edizioni LietoColle). Avvocato e madre di tre figli, di cui uno con autismo. Voce di sale è la sua prima prova narrativa o, come ama definirla, il volo pindarico della sua esperienza nell’universo autismo.
IG: https://www.instagram.com/simonemaghernino
FB: MagoS
Nota personale
Ho voluto fortemente inserire Luisa Sordillo tra le nostre eccellenze pugliesi perchè credo profondamente che il cambiamento si ottenga solo con la conoscenza.
Conoscere ci aiuta a ridimensionare le paure che, pur se talvolta utili, nella maggior parte dei casi fagocitano la nostra capacità di vivere in armonia con l’altro.
Sono lieta di farmi voce, o meglio penna, con Puglia Eccellente ma anche personalmente, di coloro che non vengono ascoltati mai abbastanza.
Desidero, infine, dedicare questo articolo ad un papà e alla sua bambina affinchè possano essere ogni giorno l’uno l’ala dell’altra e viceversa, perchè anche con un’ala in tasca si può volare lontano. Simone e Luisa me l’hanno appena insegnato.
Manuela Bellomo