23.11.2021 – Nell’ambito dell’Archita Festival, svoltosi a Taranto dal 29 al 31 ottobre 2021, è andato in scena lo spettacolo “𝙈𝙚𝙙𝙚𝙖, Desir” prodotto da Astragali Teatro. Scrittura e regia di Fabio Tolledi. Con Roberta Quarta, Simonetta Rotundo Matteo Mele, Samuele Zecca. Suoni: Mauro Tre. Luci: Sandrone Tondo.
Uno spettacolo profondo ed intenso che prende per mano lo spettatore e lo conduce verso una riflessione che si fa presente dal passato, interiore dalla realtà in cui viviamo.
Il punto di partenza è dunque il mito di Medea, personaggio figlio di Euripide, una storia che nei secoli tanti autori hanno continuato a interrogare e interpretare. Anche Astragali ha fatto il suo studio partendo dal testo di Christa Wolf.
La scrittrice tedesca spoglia Medea del suo marchio di infanticida e la investe invece di quello di donna forte che ama profondamente.
Medea, nobile e rispettata nella Colchide non viene invece accettata dai greci che le tendono più trappole per screditarla, fino ad addossarle la colpa per la morte dei figli.
Medea dunque è cacciata via dalla terra a cui è approdata con il marito Giasone, il popolo non la vuole e lei è destinata ad errare per la Grecia, disperata per la morte dei figli e avvolta da un mantello di violenza.
Dunque Astragali presenta una Medea che ama profondamente al di là di tutto, che non si fa mettere i piedi in testa, che combatte, che resiste. Fiera e selvaggia.
Medea sfugge alla storia che l’ha voluta infanticida, riabilita il suo nome.
Medea è Madre, è Moglie, è Donna: dirompente l’intensità dei monologhi, inseriti ognuno in suo significativo spazio scenico.
Viene inoltre posto un forte accento sulla radice del suo nome, med, che richiama la parola medicina. Il pharmacon che cura e avvelena. Che può salvare e uccidere. Radice del venenum, di qualcosa che trasforma e muta.
L’apice dell’azione teatrale si svolge all’interno di un banchetto nuziale. Simbolico l’artificio scenico della preparazione “live” della carne. Si affetta e si arrostisce in scena e poi viene servita al banchetto.
Durante questo rito vengono scanditi i nomi delle città che tutt’oggi sono testimoni della diaspora degli stranieri.
Come Medea lo straniero fugge, come Medea il suo status è un marchio impresso a sangue sulla pelle.
Foto e testo di Manuela Bellomo