10.10.2021 – Il primo giorno di rinnovata quiete, fra silenzi fragorosi e consuetudini
urbane, veste i panni sobri e compunti propri della posteriorità di un grande evento.
Uno spettacolo di spettacoli lungo otto giorni e mezzo ha inondato di luccicanza il miglio della drammaturgia barese, restituendo all’arte cinematografica la dimensione solenne così cara ai fratelli Lumiere.
Una riscoperta che ha il sapore di una prima volta tanto è distante dalla nostra memoria collettiva la proiezione teatrale, singolare ed altisonante, ormai occlusa dalla quotidiana ipersollecitazione filmica a bon marchè delle grandi piattaforme.
Davvero sembra impossibile, per esempio, immaginare che la punta di diamante di questo Bif&st 2021, Annette, complessa opera esperienziale di Leos Carax, intrigante incontro di arti e profonda riflessione sulla crisi del maschio, sia relegata in gran parte del globo
terraqueo ad una fruizione esclusivamente casalinga.
Il piccolo schermo, sempre più grande, non è idoneo a restituire all’opera cinematografica la
sua naturale magniloquenza e a consentire l’immersività necessaria accogliere le ricche suggestioni etiche ed estetiche di cui il cinema è portatore.
È una pallida visione replicata in scala e del tutto mediata dell’autentica e primaria intuizione dell’immagine in movimento per una esperienza che ricorda senza farli rivivere i fasti di un arte nata moderna e non ulteriormente modernizzabile.
Ecco, dunque, che i teatri divengono essenziale strumento di romantica e pacifica resistenza alla artificiale fruizione acinematografica del cinema. Un viaggio da fermi straordinariamente maestoso e pervasivo che quest’anno ha assunto il senso di una rinascita necessaria.
Il pubblico, partner storico ed imprescindibile della manifestazione, ha dapprima mugugnato, confuso e stordito dalle necessità post pandemiche e da qualche difficoltà organizzativa, per poi plaudire al ricco carnet inevitabilmente falcidiato dai limiti di budget.
Molti i momenti destinati a restare scolpiti nella memoria dell’audience come la piacevole masterclass con Helen Mirren, attrice di rango elegante e colta, sinceramente innamorata della Puglia e del cinema inglese più autentico e personale o quella più per addetti ai lavori con Gianfranco Rosi, primo esponente del nuovo cinema documentario italiano che ha raccontato la difficile gestazione del pluripremiato film Notturno.
Memorabile, poi, la conversazione sulle sfumature del cinema presente e
futuro con il grande regista Carlos Saura all’indomani della presentazione
della sua ultima fatica, El rey de todo el mundo, film sulla danza e sul
teatro, ricco di omaggi al folklore ispanico.
Il palmares, come sempre, ha riservato sorprese inattese e piacevoli conferme: per la sezione Italia Film Fest Anteprime Italiane a trionfare è stato Querido Fidel di Viviana Calò, curiosa operazione nostalgia intrisa di passione e poesia, che si è aggiudicato il premio per la miglior regia e per il miglior attore attribuito a Gianfelice Imparato.
La migliore attrice invece è Lucia Sardo protagonista del film tutto al femminile Sulla Giostra di Giorgia Cecere. Il cinema italiano già uscito nelle sale è stato, invece, curiosamente premiato durante la serata inaugurale senza alcun passaggio nei teatri festivalieri: a fare incetta di premi, ben 4, miglior regista, produttore, attore protagonista e non protagonista, è stato Qui rido io, straordinario film di Martone sulla figura imprescindibile di Edoardo Scarpetta.
La prestigiosa giuria della sezione Panorama Internazionale, presieduta dal regista Roberto Faenza, ha visionato dodici opere complesse ed interessanti (si segnalano il divertente Goodbye Soviet Union e il profondo Pure White) tributando il riconoscimento di miglior regista a Vincent Le Port per il suo film Bruno Reidal, un viaggio lucido ed agghiacciante nel passato e presente di una mente distorta.
Il film neozelandese Juniper si è invece aggiudicato il premio per la miglior attrice, Charlotte Rampling, nel toccante racconto di una esistenza vitale fino all’ultimo.
Ad essere premiato invece, come miglior attore il britannico Timothy Spall protagonista del film The last bus, storia di un viaggio in autobus e nella memoria di un uomo rimasto vedovo. Menzione speciale infine per il giovane e militante film sul girl power Playlist della regista-fumettista Nine Antico.
Una sorta di diario scomposto e sconnesso delle esperienze post adolescenziali di una giovane disegnatrice a Parigi tra autobiografismo e crescita sentimentale.
Il Bif&st 2021 ha dunque compiuto la sua metamorfosi giungendo al punto d’arrivo, un processo epifanico di straordinaria ricchezza, ineguagliata bellezza, che diviene inizio di un percorso maturo e privo di affettazione, in equilibrio imperfetto tra cinema di pancia e migliore produzione d’essai, per congiungere nelle platee dei suoi quattro ritrovati teatri l’intero spettro cinefilo, critica e pubblici tutti.
Simon