12.12.2019 – Lunedì 2 dicembre 2019, presso il Teatro Duse di Bari, abbiamo assistito alla messa in scena dell’ultimo lavoro del Teatro delle Bambole e del Laboratorio Teatrale Del Vento e della Carne: “Libertà a Brema” di Rainer Werner Fassbinder, per la regia di Andrea Cramarossa che ha curato anche l’adattamento del testo e l’allestimento, costumi di Iole Verano, in scena Emilia Brescia, Ilaria Ricci, Caterina Rubini e Federico Gobbi a cui dobbiamo la brillante interazione dei puppets nello spettacolo.
“Libertà a Brema” (“Bremen Freiheit”), è il titolo di un film per la TV del 1972, scritto e diretto dal regista e drammaturgo tedesco Rainer Werner Fassbinder ed è stato rappresentato a Bari trenta anni fa dalla compagnia “La DifférAnce”, diretta da Elvira Maizzani.
Fassbinder prende spunto dalla cronaca del 1820 che portò alla luce la storia di una donna che, definita addirittura l’”Angelo di Brema” per la sua cura verso i suoi cari, era invece una efferata assassina che sterminò famigliari e vicini di casa con il veleno per topi. Lei stessa fu poi giustiziata. L’ultima condannata a morte a Brema.
Perché arrivare a tanto? La cronaca parlò di disturbi psicologici o di una vita sessuale dissoluta. Il regista vuole mettere però in evidenza altri aspetti che ben si sposano ancora, purtroppo, con i fatti di cronaca in cui continuiamo inesorabilmente e tristemente a imbatterci, nonostante siano passati 200 anni da questa brutta vicenda.
Nel testo di Fassbinder Geesche Gottfried è una donna sottomessa alla logica maschilista, prima del padre e poi del marito, con ha una madre bigotta che inorridisce difronte alla disinvoltura sessuale della figlia. Una donna intelligente, “che parla troppo per essere una donna”, una donna che si ritiene capace di gestire brillantemente gli affari e la famiglia, una donna che vuole amare ed essere amata.
“L’uomo è educato in modo tale che ha bisogno d’amore in qualsiasi situazione. Ma non c’è nulla nella sua educazione che impedisca a chi è più forte in amore di sfruttare l’amore del più debole.
In altre parole, è più facile farsi amare che amare.”
La realtà è ben diversa da come Geesche vorrebbe che fosse e dunque decide di eliminare ogni ostacolo alla sua emancipazione, al suo vivere liberamente come lei desidera.
Una tazza di caffè, un gesto semplice, caldo, amorevole, l’aroma, il profumo, l’invito:”Vuoi una tazza caffè?”. Il veleno diventa così lo zucchero per addolcire l’odore del sangue.
Il testo Fassbinder è crudo e Andrea Cramarossa accoglie nelle sue mani questa crudeltà e la dipana in una pièce che si fa guardare con attenzione nei suoi tratti tragicomici. Un dinamismo sul palco pensato fin nel più piccolo dettaglio. I cambi d’abito in scena, le tre attrice femminili che si scambiano tra loro il ruolo di Geesche, rendendola di volta in volta più dolce, più crudele, più triste, più sicura di sé ognuna con le proprie peculiarità attoriali. Anche il pupazzo (puppets) passa di mano in mano, ogni attore gli dà vita e voce. Lodevole la capacità di memoria degli attori che hanno saputo sostenere egregiamente un testo molto complesso.
Questo spettacolo teatrale si rivela, in definitiva, una danza teatrale, ben articolata e studiata. Un importante lavoro, quello di Cramarossa, che il pubblico tocca con mano facendosi carezzare a sua volta.
“[…] Nell’esperienza il contatto con la Bellezza può avvenire in tanti modi differenti e, spesso, spaventa ma sicuramente lascia chiunque col fiato sospeso e, per un attimo, ti sembra di volare. Ecco, questo è teatro. “
Produzione: “Teatro delle Bambole” // “Del Vento e della Carne – Laboratorio Teatrale”.
Col sostegno di: “Comunicazione Plurale” e “ArteInsieme”.
Manuela Bellomo
Paolo Cilfone