26.11.2018 – Il 10 e 11 novembre scorsi, nell’ambito della stagione di prosa 2018/2019 del Teatro Duse di Bari, è andato in scena lo spettacolo teatrale “False Hamlet Opera teatrale in Fa maggiore”, della Compagnia Teatro delle Bambole. La produzione è stata curata dalla stessa Compagnia con il sostegno di CEA Masseria Carrara, mentre drammaturgia e regia sono state firmate da Andrea Cramarossa, che ancora una volta ha dato conferma della sua bravura.
Solo due interpreti, Federico Gobbi ed Isabella Careccia che, nonostante l’impegnativo ed energico lavoro, per tutta la pièce sono riusciti a catturare l’attenzione del pubblico. Anche questo spettacolo rientra nel progetto di ricerca del teatro delle Bambole “La lingua degli insetti-Cofanetto 7: Lampyridae”. Il regista, durante la presentazione di altro spettacolo appartenente allo stesso progetto, ha svelato che “L’approccio al mondo immenso e misterioso degli insetti …ha permesso di aprire…lo sguardo su possibili connessioni con il mondo altrettanto misterioso degli esseri umani.”
Ma torniamo ad Amleto ed Ofelia. Gli spettatori già all’ingresso in platea si sono ritrovati nello spazio scenico dell’opera. Qui, infatti, presto si aggirerà Amleto e vi sosterà per un po’. I loro sguardi, invece, ancor prima, sono ricaduti incuriositi sul palcoscenico, a sipario già aperto, per svelare i retroscena delle quinte i cui teli erano raccolti in grossi nodi; gli spazi tra di essi donavano respiro a tutta la scenografia e al tempo stesso riportavano la mente a più intimi luoghi, adatti ad anime e spettri.
I personaggi, forse i più noti fra quelli della drammaturgia di tutti i tempi, Amleto e Ofelia, uniti e separati allo stesso tempo, non troveranno, ormai, spazi più angusti e reconditi dove celare scheletri e teschi in balia della propria solitudine.
E così in un percorso dualistico di realtà e finzione è Amleto che comincia a recitare con tanta enfasi da non essere, volutamente, credibile; il suo dire, però, è, certamente, al contempo, idoneo per canzonare Ofelia e il suo sentimento d’amore. Le parole si librano e si diffondono sulle teste degli spettatori per diventare evanescenti a causa dei movimenti di ricerca della verità, avviata tra il pubblico della plate, abbagliato dalla luce da testa che reca in fronte Amleto.
Di lì a poco apparirà Ofelia dietro i pacchi dei regali da restituire ad Amleto: a lui lamenterà l’incomunicabilità del suo sentimento, ma non siamo certi con quanta sincerità ne parli.
La verità, per quasi tutta la messa in scena, è ben celata da ciò che appare in un’atmosfera di delicata ironia. Metafora di ciò video installazioni che mostrano movimenti di labbra di cui non si odono suoni né persone cui siano dirette o che possano ascoltarle. Sembra che ciascuno dei due personaggi voglia relazionarsi all’altro, ma in realtà ognuno sta solo con le proprie parole così come quando danzano; ognuno abbraccia i propri fianchi invece che quelli del partner, monadi dello stesso universo.
L’interrelazione tra i due è caratterizzata dal dire/non dire, dall’essere/non essere:il risultato è l’assenza di certezza. Altra metafora di ciò sono maschere e teschi indossati dai personaggi sia in vita che nell’aldilà. Tra i pochi dialoghi del testo letterario vi è quello con i versi originari del bardo tratti dalla scena I, atto terzo di Amleto, da cui però tanto Amleto quanto Ofelia se ne distanziano sin dall’inizio per articolare lunghi e complessi monologhi composti dai versi originali di Cramarossa a beneficio dell’essenza ed importanza della comunicazione nella relazione.
Allora come ora! I versi di Cramarossa avrebbero meritato maggiore meditazione, ma purtroppo, spesso hanno perso la loro forza comunicativa per via dei tanti movimenti degli attori/personaggi sia in scena che in video. Ma se questa incomunicabilità di verità ha voluto essere la chiave di lettura registica, coerente ne è stata la realizzazione della messa in scena sebbene non di agevole intelligibilità. Ma a tanto il pubblico del Teatro delle Bambole è ormai preparato e non può non riconoscere il merito per le sollecitazioni riflessive cui è chiamato.
Attendiamo l’apertura del prossimo prezioso cofanetto.
Foto di Maria Panza
Emilia Brescia